Brano ventotto_ La nemesi dell'Aquila
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TRATTO DAL LIBRO
"LA NEMESI DELL'AQUILA"
Ufficio Squadra Anticrimine (Fe)
Ore 10:10 sabato 31 maggio 2014
«Dottore, ho riunito e salvato tutti i rapporti sulle indagini che mi sono stati consegnati, da lei e dalla scientifica. Li ho raccolti in un unico faldone e in un unico file. L’ho nominato La nemesi dell’Aquila, come lei mi aveva suggerito.» «Ottimo, Alessia, è quello che volevo, ordine e chiarezza di intenti.» «Se mi posso permettere, mancherebbe il rapporto dell’indagine eseguita alle “Corti”, nel castello, dove lei e il professore avete trovato un misterioso manoscritto che il laboratorio della scientifica continua a chiedermi e di cui continuo a non sapere nulla, stranamente.» «Ha ragione di essere preoccupata del mio insolito comportamento. Non posso a tutt’oggi darle spiegazioni. Le prometto che non appena avrò chiarito le questioni in sospeso, sarà la prima persona in questo ufficio a sapere il perché.» «Va bene, le credo, ho fiducia in lei al cento per cento, come sempre.» Pose il faldone sul mio tavolo e senza aggiungere altro si sedette al suo tavolo continuando il suo lavoro al computer. «Dottore, le sto mandando la cartella completa.» «Grazie, Alessia, l’ho ricevuta adesso.» La faccia sorridente del dottor Lombardi apparve all’ingresso della stanza. «Buone nuove, è arrivato un’ora fa. Ho l’elenco che aspettavo da giorni. Il ragazzo dell’hotel gentilmente si è offerto di stampare l’e-mail, arrivata sul mio telefono.» «Due fogli con tutti i nomi, cognomi e date. Si riferiscono a persone perseguitate e uccise nel 1500. Hai tempo di dargli un’occhiata subito?» «Certamente, era ora, grazie.» Era un elenco abbastanza lungo, a occhio e croce si trattava di una trentina di nomi.
Tre distinte colonne, utilizzando il programma Excel. A sinistra il nome e cognome della vittima, al centro il modo e il luogo con l’anno della morte e nell’ultima colonna il nome dell’inquisitore e/o del papa mandatario. Cominciai a leggere dal primo della lista:
Giovanni Della Dia; impiccagione XVI secolo; Carlo Borromeo, Pio V.
Pietro Carnesecchi; morto bruciato, Roma XVI secolo; Pio V.
Fanino Fanini; impiccato, bruciato sul rogo a Ferrara 1567; Ghisleri Antonio, Girolamo Papino, papa Giulio III.
Giorgio Rioli; morto bruciato 1551; Ghisleri Antonio, Paolo IV.
Continuai a leggere, fino a quando… l’occhio non si posò su quei tre nomi, uno sotto l’altro:
Elisabetta Zocchi; morta bruciata 1559; Rolandi Sebagiano, Paolo IV.
Vincenza Ferrarese; morta bruciata 1559; Rolandi Sebagiano, Paolo IV.
Francesco Severi; decapitato e cadavere arso sul rogo 1570; Girolamo Papino, papa Pio V.
Trattenni il respiro, la bocca si storse in una smorfia di stupore e incredulo di quello che stavo leggendo, esclamai: «No, maledizione, no… ti prego, non può essere vero!» «Cosa succede?» Si preoccupò Alessia. «Che hai trovato, Leo?» Gli fece eco il professore. «Ho trovato quello che non avrei mai voluto scoprire!» «Devo andare via immediatamente, scusate, ma devo proprio.» Mi congedai in fretta e furia da loro, raccolsi dalla scrivania i due fogli e mi diressi velocemente al parcheggio. Iniziai a premere, per prima, l’icona che corrispondeva al numero memorizzato di Chiara. Nessuna risposta, e la suoneria che ripeteva a vuoto le stesse quattro note mi agitava ancora di più. Allora provai al cellulare di mia moglie. Occupato, maledizione…occupato, ancora occupato. Intanto ero arrivato all’auto, finalmente.
Casa Ferrari
Ore 10:40 sabato 31 maggio 2014
«Ciao, Emma, come stai?» Esordì, con tono gentile, la voce maschile al cellulare. «Pronto, chi parla?» Rispose, con tono di voce sospettoso. «Strano che tu non mi riconosca, in fondo non è passato così tanto tempo, solo 18 anni, come quelli di Chiara.» «Piero Zocchi, sei tu, vero?» Pronunciare quel nome le provocava un brivido lungo la schiena e terribili ricordi, di un periodo della sua vita che voleva dimenticare, per sempre. «Non puoi aver dimenticato la mia voce. Non puoi avere rinnegato completamente il tuo ruolo di figlia di Altair. Il tuo è stato un doppio tradimento, alla Congrega e a me, il suo Primogenito. È stata una pugnalata dritta al cuore. Non potrò mai dimenticare quello che mi hai fatto.» «Io non potrò mai perdonarti per avere ucciso tre persone innocenti, in un modo feroce e inumano, la nostra antica fede non contemplava questa brutalità!» «Quattro, sono quattro le persone giustiziate, dimentichi il figlio di Carlo Camponeschi, non fu un incidente.» «Abbiamo finalmente cancellato, eliminato, l’orrenda genia che ha partorito i persecutori e gli assassini dei nostri ascendenti, bruciati sul rogo, impiccati sulla pubblica piazza, come streghe e maghi. Uomini e donne, colpevoli solamente di professare credi diversi da quelli della Chiesa. Furono condannati con prove ingannevoli e false, atte solo a procurare beni materiali e denari, per rimpinguare le già loro gonfie tasche e il loro potere,» sentenziò Zocchi, a voce potente e roca, come fosse posseduto, invasato. «Tu sei impazzito. All’inizio doveva essere solo una specie di caccia al tesoro, trovare un manoscritto perso nel tempo. Un modo per stare insieme e professare una comune passione per le stelle e i misteri che nascondono. Puoi chiamarla una fede, crederci veramente, ma non giustifica quello che state facendo tu e i tuoi seguaci!» «Pensa quello che vuoi, il nostro scopo finale verrà raggiunto, qualsiasi sia il prezzo da pagare.Ma ora parliamo del tuo caro maritino Leone. Lui ha trovato il famoso manoscritto, quello che abbiamo sempre cercato. Quel documento può distruggere la Chiesa, per sempre, e dare finalmente l’onore che merita la nostra Congrega e la nostra Fede, quella vera. Emma, ascolta, lo voglio, adesso, subito!» Urlò minaccioso, sempre più agitato. Improvvisamente il suo tono si abbassò e la voce divenne leziosa. «Ricordi il ragazzo che suonò alla tua porta, felpa di cotone rosso scuro?» Alluse, con tono sarcastico, Zocchi. «Sì, Davide, è un caro amico di mia figlia,» rispose lei. «Il suo cognome è Severi, non ti ricorda qualcosa?» «Mi ricorda Francesco Severi, maledetto bastardo! Non avevo fatto subito il collegamento.» Emma era inferocita e molto turbata dall’inaspettata rivelazione. «È proprio quello il legame, mia cara. Sarai felice di sapere che, in questo momento, Davide è in stretta compagnia della tua amata Chiara.» «Non è possibile, stai mentendo, ha preso la navetta per i Colli Euganei, io e Leo eravamo lì quando è partita con le sue amiche,» rispose lei, sicura di quello che aveva vissuto personalmente. «Forse, ieri sera, sono usciti insieme e poi tua figlia non è più tornata alla spa. Puoi sempre telefonare allo stabilimento, se non mi credi. Adesso basta parlare, voglio quel manoscritto o Chiara muore, sono stato chiaro? Aspetta la mia telefonata,» concluse così Zocchi, interrompendo, di colpo, senza darle il tempo di replicare. Passarono solo pochi secondi, dopo che il sedicente Primogenito dell’Aquila minacciò la morte di mia figlia e prima che Leo bussasse alla porta furiosamente. Emma non si era ancora ripresa dalle terribili parole pronunciate dal suo primo marito. Era rimasta immobile, con il cellulare in mano, ancora appoggiato al suo orecchio. La frase: «Chiara muore,» rimbalzava nella sua testa, frastornandola completamente. Le urla del marito, che chiedeva disperatamente di aprire la porta, arrivavano come ovattate e le parole si confondevano con i suoi peggiori pensieri.
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