Brano ventitre_ La nemesi dell'Aquila


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TRATTO DAL LIBRO
 "LA NEMESI DELL'AQUILA"

Casa Ferrari
Ore 13:40 martedì 27 maggio 2014

«Con te non c’è mai orario, vero Ferrari?» Esordì Emma, mentre stavo infilando in bocca la forchetta, con il primo boccone della poca minestra, appena riscaldata. Lo disse accentuando e scandendo le lettere del mio cognome. Era un pericoloso segnale d’insofferenza, tipico di mia moglie e forse, anche, di altre donne. «Se io potessi decidere i miei orari di lavoro, avresti ragione di indispettirti, ma purtroppo, come ben sa, gli inconvenienti e i conseguenti ritardi sulla tabella di marcia non dipendono da me. Questa professione, che mi sono scelto, è molto complessa. Le situazioni che si possono verificare sono spesso strane e imprevedibili.» «Lo so, conosco bene il tuo lavoro e hai ragione quando lo definisci imprevedibile. È sempre molto difficile, per una donna, accettare questa sregolata routine, questi orari senza senso, confondere spesso la notte per il giorno, un giorno di festa che si trasforma in un giorno da lavoro, mai il contrario, per favore!» Capii che era veramente arrabbiata e stanca, frustrata di non potere programmare mai la nostra vita famigliare. «Va bene, ho capito, dai, siediti un po’ a tavola con me, parliamo un po’, ti prego.» Ero molto rammaricato e consapevole delle sue ragioni. Capivo perfettamente il suo sfogo. Avrei voluto dirle che non sarebbe successo più, che sarei rincasato sempre alla stessa ora e che finalmente la domenica sarebbe stata una giornata tutta per noi, dalla mattina alla sera. Ma purtroppo sarebbero state solo bugie, dette per rasserenare l’ambiente e per guadagnare tempo. La realtà era profondamente diversa dal mio sogno a occhi aperti. La realtà era quella dipinta da lei poco prima e non si poteva cambiare, solo accettare e ingoiarla, facendo finta di niente, cercando di andare avanti, così senza pensarci. Iniziai a parlare, lentamente, con calma, cercando di tranquillizzarla. «Il caso Camponeschi, ecco il problema attuale per me e, indirettamente, anche per te. Stai vivendo le mie stesse ansie e respirando le mie stesse paure e di conseguenza lo stress attanaglia pure te, inevitabilmente. «Quest’indagine sta percorrendo strade inaspettate e pericolose. Ho preso, ultimamente, decisioni insolite per il mio carattere e per il modo abituale con cui cerco di risolvere i miei casi. Ho saltato tutti i consueti protocolli e mi sono spinto a studiare un piano alternativo alla normale procedura standard. Cosa mi costerà tutto questo? A cosa mi porterà? Non so, ma dovevo farlo, dovevo provocare una forte reazione per arrivare a sapere il vero scopo di questi assassini. «Se il mio piano avrà successo, forse, scopriremo il mistero che si cela dietro questi omicidi. Se fallirà, penso che la mia carriera subirà un irreparabile e definitivo stop.» Le presi la mano e cercai, sforzandomi, di apparire sereno, cercando di dare al mio viso un’espressione sorridente e rassicurante. Lei mi guardò, preoccupata, e mi chiese: «Sei proprio sicuro che ne valga la pena? Stai mettendo in gioco il tuo lavoro e, spero di sbagliarmi, anche la tua vita, che potrebbe essere in grave pericolo, a questo punto!» «Non sbaglia, in effetti c’è del vero in quello che hai detto. Ma devo rischiare! Non se ne verrà mai fuori, altrimenti. Questa mia trappola dovrà scattare, per forza!» L’ho detta, accidenti, l’ho detta, pensai tra me e me. La parola che mi ero ripromesso di non usare mai, con nessuno, neanche con mia moglie, mi era sfuggita. Non avrei dovuto, mi sarei mangiato la lingua, ma ora era troppo tardi per farlo. Gli accordi con Lombardi erano stati chiari. Solamente io e lui dovevamo sapere del piano. Certo di Emma mi fidavo ciecamente, ma non erano i patti. Adesso avrei dovuto, sicuramente, cercare di barcamenarmi in una tempesta di domande, sulla parola «trappola.» Infatti, immediatamente, come previsto, arrivò quella fatale: «Trappola, che trappola, di cosa stai parlando?» «Mi riferivo a un piano strategico elaborato a suo tempo da me e Samuele. Adesso non ti voglio annoiare mettendoti al corrente delle dinamiche di questo accordo tra noi due. Devi solo sapere che è molto importante che nessun altro ne venga a conoscenza!» «Hai trovato il modo per mettere in pericolo anche la vita del professore?» Era molto incuriosita e preoccupata. «Un po’ di adrenalina non gli farà così male. Ha una vita molto noiosa, non gli sembrerà vero di essere protagonista, in una vera indagine di polizia. Per il resto stai tranquilla, non rischierà più di tanto, non è contemplato nei nostri accordi che metta a rischio la sua incolumità e poi non è nelle sue corde farlo.» «Ok, se lo dici tu, andrà tutto bene!» Concluse, dandomi piena fiducia.
Ufficio Squadra Anticrimine (Fe)
Ore 10:35 mercoledì 28 maggio 2014
«Dottore, il signor Questore per lei, linea 4, glielo passo,» si palesò Alessia. «Pronto, dottore Della Casa, buongiorno, sono Ferrari, dica pure.» «Buongiorno a lei, la chiamo per una questione puramente burocratica.» «Dica, dottore, mi esponga pure il problema.» «Ho ricevuto alcune lamentele dal vicequestore aggiunto, la dottoressa Serena Agostani. «Le viene imputato, caro Ferrari, di non aver seguito l’iter abituale. Avrebbe dovuto consegnare, al laboratorio della scientifica, le prove in suo possesso, riguardanti il caso Camponeschi/Augeri. In particolare, si parla della mancata consegna di un manoscritto che lei avrebbe trovato in un loculo segreto, al Castello di Ferrara, in una delle sale della zona delle “Corti”. Sono in errore?» «Assolutamente, quello che la Agostani asserisce è vero. Lo scritto antico di cui parla Serena è in mio possesso, o meglio, è nelle mani di esperti, che ne stanno analizzandone il contenuto. L’indagine può trarre immenso beneficio da quello che potrebbe leggersi nel documento. «Ho ritenuto più importante, questa volta, la lettura e l’eventuale, se necessario, traduzione del testo, ai soliti esami scientifici. In questo caso specifico, le impronte o altro sono appartenute a personaggi ormai morti e sepolti da secoli. Chiedo scusa al laboratorio e anche a lei signor questore, per questa mia iniziativa personale, di cui mi assumo la completa responsabilità. «Una volta terminata questa fase di ricerca, da parte delle persone competenti, che stanno studiando il manoscritto in esame, sarà mia premura portare, alla sua personale conoscenza, un rapporto completo su questa parte dell’indagine.» Diedi una risposta professionale, con piglio sicuro e deciso. «Ne prendo atto,» rispose il questore. «Le auguro buona fortuna, ho la massima fiducia nel suo operato, come sempre del resto!» «Grazie, a risentirci, dottore.» Salutai e riposi la cornetta del telefono.
Casa Ferrari
Ore 12:40 mercoledì 28 maggio 2014
Ero arrivato a casa presto dall’ufficio. Emma, questa volta, non si era meravigliata della mia presenza all’ora di pranzo. Insieme aspettavamo Chiara, che doveva annunciare la sua scelta. Avevamo prospettato a nostra figlia diverse opzioni per il suo regalo di compleanno, il 31 di maggio. Non aveva più l’età per doni a sorpresa, racchiusi in pacchi colorati e nastrati. Trascorse le cinque ore di lezione, dalla scuola si sarebbe precipitata a casa, poi a tavola, affamata e desiderosa di dirci quale regalo volesse veramente! Nell’attesa, io e mia moglie avevamo fatto alcune previsioni e ognuno di noi scommetteva su quello che riteneva come il più probabile, ovviamente. Il suono del campanello interruppe la nostra disputa, andai ad aprire, sperando che mia figlia, vedendomi disponibile a un grande abbraccio, appena mi avesse visto, l’avesse fatto. Era una falsa illusione, di un padre amorevole. Mi schivò come il centravanti fa con il portiere, quando deve segnare un gol. Si diresse verso il tavolo apparecchiato, gettò lo zaino sul divano, si sedette; quindi, impugnò le posate e guardando il piatto ancora vuoto ed esclamò: «Fame, molta fame.» Questa semplice gestualità mi ricordò di lei, quando era bambina. Anche allora, tornando da scuola, faceva gli stessi gesti e diceva le stesse parole. Anche Emma rispondeva sempre allo stesso modo, oggi come allora. Queste sono le immagini che non puoi mai dimenticare. Queste sono le piccole storie che rimangono nella tua mente e che non devi mai cancellare dalla tua vita. «Pronto, subito in tavola, tesoro mio,» rispose prontamente Emma. «Stai scherzando, mamma, non sono più la piccola Chiara, fra tre giorni sarò maggiorenne,» l’apostrofò nostra figlia, risentita. «Proprio per questo motivo, venerdì pomeriggio partirò e andrò per due giorni con Anna e Laura in una splendida spa sui Colli Euganei. Ecco il mio regalo di compleanno, ho deciso, finalmente.» Guardai con gli occhi spiritati mia moglie e poi Chiara. «Cosa stai dicendo? Dove vai con Anna e Laura?» «Tranquillo, stai sereno papà. Nessuna auto, nessun autista che la guidi, nessun pericolo per noi ragazze. Mi sono informata per tempo e ti comunico che esiste una linea diretta con il centro benessere. Parte una navetta, venerdì 30 maggio alle 15:30 da Ferrara che ti porta fino a là. Sabato e domenica ci divertiremo un mondo. Piscina, massaggi, la musica, tennis, golf e minigolf, tutto insomma,» continuò, senza lasciarci il tempo di interromperla. «Peccato che siano solo due giorni, più una sera, quella del viaggio. Vi costerà solo 360 euro, tutto compreso. Molto meno di altre soluzioni prospettate dalla mamma e da te. È già tutto organizzato.


 

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