Brano trentuno_ La nemesi dell'Aquila

 


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TRATTO DAL LIBRO
 "LA NEMESI DELL'AQUILA"

«Lo scandalo e le prevedibili reazioni politiche e religiose che un testo simile avrebbe potuto generare, in quel particolare momento storico, era enorme, pericoloso e devastante,» sentenziò mia moglie, sicura della sua conoscenza storica e continuò: «In seguito, il propagarsi di questa nuova idea religiosa diede origine a un folto gruppo di adepti che si riunirono, dal 1225, nella Congrega dell’Aquila. Esiste una testimonianza scritta di ciò, l’ho vista personalmente. Da allora i seguaci venerano la costellazione con la luminosa stella di Altair, come la scintilla dell’origine della vita». La grande importanza politica di quel documento era evidente. Possederlo significava avere un’arma carica contro la Chiesa, da usare per ricattarla sempre e ovunque, permettendoti di negoziare a tuo favore un difficile trattato di pace, determinare un possibile cambio al potere di un Ducato, favorendo l’ascesa di un regnante o la caduta di un ecclesiastico scomodo, pensai tra me e me, riflettendo sulle parole di Emma, che riprese lentamente, il suo racconto: «Zocchi aveva sempre sostenuto che questo scritto, insieme alle Appendici di Dante, personaggio indiscusso e rispettato in tutto il mondo, avrebbero creato universale malcontento e sfiducia. Una reazione forte, che lui sosteneva avrebbe definitivamente messo con le spalle al muro la Chiesa e rivalutato il suo credo e quello dei suoi fedeli adepti,» concluse, abbastanza soddisfatta, per essersi ricordata tutti questi avvenimenti, accaduti molto tempo prima. «Vorrei parlarti, se posso, del primo omicidio. Quando mi nominasti Camponeschi collegai immediatamente il nome con la genitrice del Pontefice e sentii un lungo brivido attraversarmi la schiena. Il sospetto che Zocchi e i suoi seguaci potessero essere i responsabili del delitto mi fu subito chiaro così come la paura che il mio passato tornasse ancora a perseguitarmi. «Non sono riuscita a parlartene, quella prima volta e dopo, lo giuro, provai a farmi forza, cercai disperatamente di trovare il coraggio per confessarti il mio passato, per aiutarti con la tua indagine, ma il mio sforzo fu inutile, prevalse la paura di una tua brutta reazione negativa,» ammise, riprendendo uno spinoso argomento, che non avrei più voluto toccare, almeno per il momento.» «Hai detto tutto, più volte, hai già provato a scusarti, più volte, preferirei soprassedere, ormai non resta che ammettere la realtà dei fatti e basta. Quello che sta accadendo, non sarebbe successo senza una tua imperdonabile omissione che potrebbe costarci caro, molto caro!» Esclamai, irritato dall’insistente treno di scuse della mia compagna di vita. Mia figlia, ecco a cosa pensavo in realtà, mentre rispondevo a sua madre. Cosa dovevo inventarmi, per convincere quell’animale di Zocchi che mentivo, dicendo di aver trovato il manoscritto alle “Corti”? Ecco il mio grande problema. In mano non ho nulla, solo un bluff, certo non mi crederà quando gli dirò che il manoscritto è in mano al Vaticano. Lui vorrà solo quello, da me, per liberare Chiara. L’unica speranza è che il professore mi aiuti a trovare un appiglio storico, una traccia, un documento, una lettera, qualunque cosa che possa confermare un coinvolgimento diretto tra Dante, le sue Appendici e il maleficarum adventus antichristi. Decisi di anticipare i tempi, ritornando in questura già nel pomeriggio. Volevo studiare, con Samuele, un valido piano alternativo. Cercai tra i contatti, nel mio cellulare, il suo nome e inviai la chiamata. L’ultima volta che lo vidi era seduto davanti a me, appoggiava le mani sulla mia scrivania e mi stava guardando, parecchio sorpreso del motivo per cui mi stavo alzando velocemente e senza dire una parola stavo scappando dall’ufficio. Rispose già al secondo squillo e tralasciando di rispondere a cosa mi fosse successo quel giorno, gli chiesi dove fosse e di raggiungermi subito all’Anticrimine, senza perdere tempo. Rispose che stava uscendo dal ristorante, a poca distanza dalla questura, e che stava arrivando. Ironicamente aggiunse: «pronto a ubbidire, mio signore!» Chiusi il contatto bruscamente, senza rispondere, ero dispiaciuto del mio gesto, ma non ero certo dell’umore giusto per scherzare. Mi avviai verso la porta per uscire di casa quando Emma mi fermò, trattenendomi per un braccio e chiedendomi, con una voce colma di angoscia e di paura, cosa avrei risposto quando Zocchi mi avrebbe chiamato per fissare un appuntamento. Risposi che se mi avesse chiesto di andare l’avrei fatto e avrei agito di conseguenza, in base al tipo di situazione che si sarebbe presentata. «Ora lasciami andare, se riceverai qualche altra telefonata da quel bastardo del tuo ex marito, fammelo sapere immediatamente. A presto.» Uscii sbattendo la porta, senza aver mai creduto possibile, al momento, una qualsiasi forma di riconciliazione.


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