Brano nove_ La nemesi dell'Aquila
Durante il briefing avevamo concordato le azioni ed eventuali cambiamenti operativi in corso d’opera. Ci guardammo negli occhi, al segnale convenuto, con un gesto veloce, Salvatori fece esplodere tutta la potenza dell’ariete sfonda porte. Salimmo rapidamente al primo piano, dove abitava il nostro sospettato. Anche in questo caso, una grossa porta di legno massello non oppose resistenza. Entrammo, gridai forte e chiaro. «Polizia criminale, faccia a terra.» Un’intimazione inutile, che si perse nel silenzio più assordante di una casa presumibilmente vuota. Forse il signor Maggi aveva previsto il nostro arrivo e che avremmo scoperto la sua identità o forse qualcuno lo aveva avvertito in tempo, dandogli modo di fuggire. Entrambe le ipotesi erano possibili, nessuna delle due portava vantaggio alla mia indagine. Il blitz non era riuscito e trovarlo, adesso, diventava difficile, molto difficile. Entrai in quello che sembrava essere uno studio. Una scrivania con la sua classica lampada a corredo, la solita libreria colma di tomi vari alle spalle, le due sedie in similpelle di colore verde e di fronte la poltrona padronale, più alta, quella più importante, girevole e questa volta di pelle vera. «Cucina e bagno vuoti, non c’è nessuno, dottore.» La voce di Chiusi risuonò nella stanza. Mi avvicinai allo scrittoio e notai che dal portadocumenti di pelle marrone, sul tavolo, uscivano lembi di fogli ingialliti dal tempo. Alzai il sottomano e trovai due manoscritti visibilmente molto antichi. Mi sedetti per leggere quei documenti e fu allora che notai, alla mia destra, il cestino dei rifiuti, che prima non avevo visto perché coperto dai cassetti della scrivania. Riconobbi subito, all’interno, i cocci delle vecchie bottiglie rubate a Camponeschi. Le etichette papali e lo spesso vetro verde scuro mi confermarono la prima impressione e mi fecero pensare, immediatamente, che i due fogli, davanti a me, fossero stati precedentemente disposti e arrotolati dentro di esse. Mi sedetti sulla comoda poltrona in pelle e cominciai a leggere il primo:
In Chrìsti nomine amen. Anno nativitatis eiusdem 1560 in ditione 12, die 14 Mai. Questo sia un contracto facto per lo svolto accordarsi tra illustrissimo duca di Este magno Alfonso Secundo signore della urbe de Ferrara da Anno 1559 et incontra felicie illustrissimo dotto medicio e colto de science et genio Michel de Nostredame signate at presente Nostradamus. In p.o. Loro illustrissimi a concordare in mano del Maggi Vincenzo, protonotario et scrivano substituto a testimonio. Si va at concordo di somme decise a pagare illustrissimo duca Alfonso Secundo di Este in millem ducati at illustrissimo Nostradamus at debito medicio. Et qual pegno premonizio e demerita volgio dare il sottodetto scrittomano.
Il secondo foglio iniziava così:
Et quale testimonio intendendo le cose sopradette et sapendo quelle essere volontade degli illustrissimi presenti confermo e pilgio a seguire firmando.
Quindi a capoverso, in fila, i nomi dei firmatari del documento: Maggi Vincenzo, Alfonso II d’Este e Nostradamus. Nessuna firma, però, suggellava il manoscritto e nessun timbro in ceralacca, sempre in uso su tutti i documenti importanti nel periodo indicato all’inizio del foglio. Il timbro autenticava lo scritto tra le parti. Questo mi fece pensare a una copia che precedeva l’originale, che sarebbe poi stato validato da firme e timbri vari, come si usava fare in quel periodo storico. La cosa più strana era la mancanza del secondo foglio che faceva riferimento, almeno sembrava, a un manoscritto in possesso del duca d’Este, usato come pagamento per una premonizione di Nostradamus, oltre al gesto di amicizia e ai mille scudi indicati nel primo foglio. Il ritrovamento, nel cestino, di tre bottiglie rotte, quelle che erano state rubate nella cantina del Casale, era un fatto molto strano. Una di queste poteva essere vuota, visto il numero dei fogli. Il foglio centrale mancante potrebbe essere in possesso del fuggitivo o di nessuno o di qualcuno che ha interesse a nasconderlo, forse per sempre. L’ultima considerazione che mi colpì, forse anche la più ovvia da farsi, fu che Maggi era il cognome del notaio nel 1500 e anche quello del sospettato del 2014! Il collegamento era evidente, una chiara discendenza univa i due uomini, forse, anche, con un identico scopo in comune. Era già la seconda volta, in queste indagini, che mi trovavo a tu per tu con questa coincidenza genealogica. Cognomi che ritornavano dal passato, che a volte appartenevano alla storia di questa città e che avevano stretti legami con personaggi importanti. Emma, con la sua cultura umanistica, poteva sicuramente aiutarmi a risolvere alcuni di questi enigmi, ma giunti a questo punto serviva anche la competenza di uno storico della città di Ferrara e di un altro esperto del periodo rinascimentale. Molto meglio se fosse stata la stessa persona. Il cellulare, nella tasca della mia giacca, suonò ripetutamente, il meraviglioso pezzo di sax di One Year of Love dei Queen, uno dei miei gruppi preferiti. «Ancora quella suoneria?» Commentò Nardi, visibilmente sorpreso dalle mie remote, ma costanti, preferenze musicali. Non lo degnai di una risposta, non la meritava, feci un gesto col pollice in alto a significare «numeri uno, per sempre,» poi estrassi il telefono. «Mi dica, Alessia.» «È andato tutto bene, lì?» Domandò preoccupata. «Il nostro uomo è uccello di bosco, come si usa dire. In casa abbiamo trovato solo due vecchi documenti. Manca il foglio centrale. Organizzi tutti i posti di blocco, come sempre da e per Ferrara, la via Comacchio e per Ravenna. Non ci deve sfuggire. Un'ultima cosa, per favore, ha contattato l’esperto che le avevo richiesto?» «Sì, in realtà avevo telefonato per quello, domani mattina la aspetta in ufficio. Si chiama Samuele Lombardi. Professore universitario a Padova. Si tratta di uno dei massimi esperti del rinascimento e di quello ferrarese in particolare. Meglio non potevo trovare, mi creda!» «A che ora arriverà?» «Alle 11:30, appena si libererà dalle lezioni.» «Ok, ci vediamo in ufficio domattina.» Chiusi la comunicazione e mi rivolsi ai miei uomini: «Infilatevi guanti e soprascarpe e iniziamo a cercare guardando ovunque, dobbiamo trovare qualche indizio che ci porti a catturare il nostro uomo, il più presto possibile, prima che faccia altri danni.» «Nardi, ha contattato la scientifica per le impronte digitali?» «Sì, dottore, già fatto!» «Sbrighiamoci a finire, non vedo l’ora di andarmene da qui,» replicai, insoddisfatto di com’era andata l’irruzione a casa Maggi.
Appartamento in via Arianuova (Fe)
Ore 09:30 sabato 17 maggio 2014
Due lunghe notifiche, alla terza, lentamente, l’uomo sfiorò lo schermo del cellulare. Una voce cominciò a parlare, con un tono più basso del normale, come non volesse farsi sentire da nessun altro. «Hai già fatto colazione? Cosa stai facendo di bello?» «Niente di particolare, le solite cose, tu piuttosto cos’hai da dirmi? È andato tutto bene?» «Tutto secondo i piani, hanno trovato i due fogli e adesso si stanno chiedendo cosa c’è nel mezzo,» rispose la voce. L’uomo continuò sorridendo: «Questo è quello che devono fare, al più presto. Il nostro Sherlock Holmes non ci metterà molto a scoprire dove cercare e lo farà per noi. Non possiamo permettere a nessuno di fermarci. Siamo così vicini ad avere la nostra giustizia e a far conoscere la verità, quella che fa male, quella che li distruggerà una volta per tutte.» «Alberto è al sicuro, per ora. L’accordo è di aspettare nascosto, fino a quando le acque non si calmeranno. Hanno messo posti di blocco ovunque, meglio non muoversi per il momento,» replicò con tono fermo la voce misteriosa. «Presto mi devo vedere con chi sai tu, è lui che deciderà cosa sia meglio fare.
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