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TRATTO DAL LIBRO
"LA NEMESI DELL'AQUILA"
Le urla del marito, che chiedeva disperatamente di aprire la porta, arrivavano come ovattate e le parole si confondevano con i suoi peggiori pensieri. «Apri, apri la porta, ti devo parlare subito, Chiara è in pericolo!» Richiamai, con voce sempre più forte, ancora una volta, pieno di rabbia. Emma si trascinò lentamente verso la porta e l’aprì, era distrutta nell’anima, non sapeva, realmente, cosa stesse accadendo, ma cominciava a rendersi conto che il suo silenzio, l’avere nascosto, alla persona che amava, di aver fatto parte di quella criminale Congrega, poteva costarle l’uccisione della sua adorata figlia. Aveva nascosto, per tutto il tempo, un terribile segreto e ormai era troppo tardi per confessare ogni cosa. «L’hanno rapita. La uccideranno se non consegni il manoscritto. Maledetta Congrega, maledetta me,» urlò disperata. Entrai, poi le tolsi le mani che le coprivano il volto e le portai a congiungersi con le mie, stringendole e cercando una difficile complicità emotiva. Lei continuava a imprecare, contro i suoi vecchi amici e a maledirli, cercai di farla ragionare, per quanto, visto il suo umore, era possibile. «Adesso ascoltami, la cosa più importante è salvare nostra figlia. Quando ho letto i cognomi delle vostre antenate bruciate vive, la tua e quella di Zocchi, mi sono sentito morire e la mia prima reazione è stata quella di stringerti le mani sul collo, fino a farti molto male. Poi ho visto stampato su quel foglio il nome Severi e ho capito tutto. Il collegamento tra Davide e tutta la mia famiglia in pericolo è stato immediato. La tua colpa è gravissima. Tu sapevi cosa stava succedendo e chi erano i colpevoli degli omicidi che non mi facevano dormire, che cercavo disperatamente di fermare, quei criminali di cui tu conoscevi, perfettamente, i nomi e i cognomi. È vero, non sei direttamente responsabile di quei morti perché, in fondo, la Congrega faceva parte del tuo passato, di un passato che hai voluto dimenticare. Non posso perdonarti, però. Non avermi detto quello che sapevi mi ha portato a commettere un terribile errore di valutazione. Ho mentito sul recupero del manoscritto e quindi sulla mia indagine. Un manoscritto che non è in mio possesso e non lo è mai stato. Il loculo che lo doveva custodire, nei secoli, era vuoto, completamente vuoto!» «Cosa stai dicendo! Non può essere vero,» esclamò, stupefatta. «Ho finto di averlo, per fare uscire allo scoperto la talpa, che si nasconde all’interno della polizia. Ho sbagliato e sento un forte senso di colpa perché, così facendo, ho messo nei guai Samuele e adesso anche Chiara potrebbe morire per causa mia. «Non potrei vivere con questo rimorso, avrei dovuto proteggerla e non rischiare la sua vita per un’indagine! Un’indagine che sarebbe già conclusa da tempo se tu avessi avuto il coraggio di confessare la tua appartenenza a quel covo di delinquenti. Ora, però, non devo pensare a punire te, per le cazzate che hai fatto, non ne ho il tempo. Devo catturare quei bastardi e per farlo devo prendere tempo e fingere di accontentarli.» Improvvisamente, un tremendo ceffone d’inaudita violenza mi colpì al volto. La rabbia, per quello che non era riuscita a dirmi, esplose senza ritegno verso di me, come se questo potesse darle pace, per il suo orribile sbaglio. Non una parola, le lanciai solo uno sguardo intenso, penetrante, accusatore. Nonostante tutto avrei voluto abbracciarla, stringerla forte a me, perdonarla e dirle che avremmo risolto tutto e che avremmo salvato Chiara dalle grinfie di Zocchi, ma non avvenne, perché il pensiero di farlo, anche se molto forte, non era sufficiente a placare la mia rabbia. La tensione enorme, accumulata fino a quel momento sfociò, per Emma, in un pianto a dirotto. Rimanemmo a guardarci, così, immobili, forse parecchi minuti, lunghissimi minuti, fissando, a volte, le pareti davanti a noi, senza parlare. Avremmo voluto essere stretti l’uno all’altra, come sempre avevamo fatto nei momenti difficili della nostra vita, ma non questa volta. Credo che l’unico pensiero in comune fosse nostra figlia, purtroppo, nelle mani di quei bastardi.
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