Brano sette_ La nemesi dell'Aquila
Per una strana coincidenza, nello stesso istante, una voce risuonò nell’atrio del palazzo: «eccomi, sono qui, Davide, aspettami dentro casa, arrivo subito.» Chiara entrò di corsa, attraversando il corridoio d’ingresso, gridando: «ciao mamma, corro a fare una doccia veloce, solo un attimo e torno.» La porta del bagno si chiuse fragorosamente alle sue spalle e dall’interno continuò a gridare: «faccio presto, lo giuro.» Emma allora accompagnò Davide nella sala da pranzo dove io, seduto al tavolo, aspettavo speranzoso e affamato la cena che, pensai desolato, avrebbe tardato non poco. «Accomodati, siediti, Davide..?» «Severi, è il mio cognome, se è questo che desidera sapere, signor..?» Il ragazzo rispose rapidamente e in modo un po’ indisponente, provocando un’impercettibile smorfia di dissenso nella mia bocca. Questo gesto non passò inosservato a chi ben mi conosceva e prevedeva la mia reazione a certe risposte. Infatti, Emma intervenne immediatamente: «Caro, devo andare a prendere la lampada per gli interrogatori?» Continuò sorridendo verso il ragazzo: «scusalo, per Leone è normale fare domande a chi si trova seduto a un tavolo davanti a lui.» Così, nello stesso tempo, rispose anche al giovane amico di Chiara, su quale fosse il mio nome. Il ragazzo abbozzò un sorriso, socchiudendo gli occhi per un attimo. «Nessun problema, so chi è lei. So che è un poliziotto, o meglio, è il vicequestore di Ferrara.» Ripresi a parlare, mantenendo comunque sempre un certo distacco. «Tralasciando le mie brutte abitudini, colpevole il tipo di lavoro, è normale che un genitore voglia sapere chi frequenta la figlia, non le pare?» «Sì, ha ragione,» rispose guardandomi dritto negli occhi, sfidando la mia autorità. «Ho 22 anni. Frequento l’università, qui a Ferrara, precisamente il corso di laurea magistrale del Dipartimento di Studi umanistici e sono assolutamente innocente!» Una risata collettiva chiuse, per il momento, l’argomento in modo gioviale, però si fece strada nella mia testa un nuovo dubbio. Era il suo ragazzo o solo un amico? Non mi sentivo chiaramente di domandare, dopo quello che era appena accaduto, per un semplice «signor...?» Per fortuna entrò nella stanza Chiara, a distogliermi, totalmente, da questa fastidiosa diatriba che rischiava di creare dissapori non voluti. La guardai entrare nella stanza. Gli occhi di papà la vedevano muoversi leggera, come una farfalla in un prato, in primavera. Era veramente bella. Lunghi capelli biondi, ovviamente tinti, altrimenti sarebbe nato subito il dubbio sulla paternità. Occhi azzurri, mio il merito. Lunghe e affusolate gambe, con caviglie sottili come la madre. Si era truccata e profumata, il che mi fece subito propendere per l’ipotesi fidanzato e mi chiesi se si usasse ancora quel termine, per indicare due che facevano coppia. Anticipando, solo per un attimo, il saluto di congedo dei due ragazzi verso di noi, volli riprendere a parlare con Davide. Volevo in realtà soddisfare la mia curiosità, tarata in modalità investigativa, che si sforzava di capire esattamente chi fosse e cosa rappresentasse per Chiara. Iniziai dandogli un’informazione. Una scusa, utile solamente per riprendere il discorso, interrotto dall’arrivo di mia figlia. «Anche mia moglie lavora all’Università di Ferrara, insegna proprio nel tuo Dipartimento, probabilmente non frequentate lo stesso corso, visto che non vi conoscete e sembra non vi siate mai visti prima.» Incalzai ancora, pur prevedendo la reazione di mia figlia. «Dove state andando di bello?» Chiara s’inalberò, come previsto: «L’interrogatorio finisce qui, non ti deve interessare, io e il mio amico siamo liberi di andare dove ci pare, fino a prova contraria siamo incensurati e in uno stato libero, vero?» «Ovviamente sì,» risposi molto irritato, non tollerando la sua arroganza nel rispondermi. «La mia era una semplice domanda, non te la saresti dovuta prendere tanto. Sei troppo nervosa. In fondo, è del tutto normale che m’interessi sapere dove e come intendi trascorrere il tuo tempo libero. Andate pure, tranquilli, siete liberi, non vi farò pedinare da una autopattuglia, passate una bella serata!» Chiara e Davide uscirono dalla sala senza salutarmi ed io, per tutta risposta, iniziai a gustare il piatto di pasta che Emma mi aveva appena portato, con l’intenzione non solo di servire la cena, ma anche di tapparmi la bocca. La porta d’ingresso dell’appartamento si chiuse in modo violento, alle spalle dei due ragazzi, visibilmente scocciati dalle mie parole. Cercai di consolarmi, pensando che la maggior parte dei genitori che conoscevo, in fondo, avevano le mie stesse ansie.
CAPITOLO TRE
Ufficio Squadra Anticrimine (Fe)
Ore 08:30 giovedì 15 maggio 2014
Era presente tutta la squadra, curiosa e ansiosa di fare il punto sull’indagine, per il caso dell’anno. Così titolavano tutti i giornali già da martedì 13. Davanti a me e a tutti, sul grande tavolo da riunione in antico legno massello, tre cartelle, colorate in modo differente. La gialla conteneva le perizie legali, la rossa che custodiva all’interno, oltre agli esami sulle tracce e sulle impronte, i reperti della scena del crimine del primo delitto Camponeschi. Aprii il fascicolo giallo pregando tutti di fare la stessa cosa e iniziai a leggere a voce alta. «Causa della morte: strangolamento con applicazione di un laccio al collo, stretto da una forza estranea. Su tutto il corpo, tranne la testa e il collo, sono presenti ustioni sotto dermiche, causate da liquido bollente (olio da motore). La differenza di gravità delle ustioni è dovuta ai numerosi versamenti di olio bollente, sulla vittima ancora viva, iniziando dalla base del collo. Osservando l’arto superiore sinistro, si può notare una lussazione all’altezza del polso, dovuta alla sospensione. Il colore delle ecchimosi si presenta come blu-violaceo con tendenza al verdastro. Si deduce che il corpo, probabilmente ancora vivo, sia rimasto appeso almeno per due giorni. Analizzando l’incisione sullo scroto, risulta che i testicoli siano stati asportati, recidendo i tessuti fibrosi e i tubuli seminiferi, con una lama seghettata di grosse dimensioni. Dai test chimici, utili per la cronologia della morte, si deduce che sia avvenuta circa otto ore prima del ritrovamento. Fine dell’esame autoptico eseguito in data 13 maggio 2014 dal patologo forense dottore Cobolli Eugenio.» Cominciai a leggere il contenuto del fascicolo rosso. «Omicidio Raimondo Camponeschi. Quartesana (Fe) 12 maggio 2014. Si certifica che gli agenti della squadra anticrimine di Ferrara, giunti per primi sul luogo del reato, avevano provveduto a isolare e sorvegliare la località per impedire eventuali alterazioni esterne, che avrebbero potuto inquinare la scena. Prendiamo nota della totale assenza di testimoni. Perquisizione del luogo del delitto: ritrovato il portafoglio del proprietario, completo di denaro e documenti. Presenza di armi sul luogo: nessuna. Conclusioni: il referto autoptico e il soprascritto rapporto evidenziano quanto segue: il soggetto ignoto, ha inizialmente sopraffatto la vittima, narcotizzandola con il cloroformio. Dopo averla trasportata, caricandola sulle spalle, nella cucina dell’abitazione, l’avrebbe legata con la catena arrugginita e appesa alla trave di legno. Si deduce che il S.I. sia probabilmente maschio, abbastanza giovane e robusto. La misura dell’altezza, dalla trave al pavimento (tre metri) fa pensare anche che il S.I. sia di altezza superiore alla media.
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