Brano ventisette_ La nemesi dell'Aquila

 


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TRATTO DAL LIBRO
 "LA NEMESI DELL'AQUILA"

Inoltre, la prego, professore, di mantenere la calma, onde evitare di danneggiare questo prezioso documento, unico e raro.» «Sì, è vero, mi scusi, ero emozionato all’idea di averlo trovato, sembrava una traccia sicura.» Querini continuò: «Lo scritto, come avrà letto, non dice perché il frate avesse depositato nella cappella questa preziosa cartella dorata, né cosa contenesse realmente. “La Chiesa di Ferrara non parlò mai del furto, né lo denunciò. I motivi di questo silenzio non sono mai trapelati. L’unica notizia, che pare essere degna di nota e che ci è stata tramandata, riguarda la paternità del furto. Infatti, venne attribuito a un ladro toscano, che nel periodo in questione avrebbe compiuto altre ruberie nella nostra città. Pare che questo furfante fosse noto in tutta Firenze, per le sue bravate e lì fu anche arrestato, ma riuscì a fuggire dalla prigione gigliata, in cui era stato rinchiuso.» «Vede, Leo, ecco un evidente collegamento con il Poeta fiorentino,» esclamò il professore. «Nella Divina Commedia c’è un passaggio che parla proprio di questo ladro di origine pistoiese e delle sue malefatte. Non ricordo bene dove, ma c’è!» «Bene, adesso abbiamo un’altra buona pista su cui lavorare, lo faremo con molta cura,» conclusi. Ringraziammo il simpatico e utilissimo frate che, improvvisamente, abbracciò Samuele. Gli chiese di ritornare presto a trovarlo. Addusse, come pretesto, l’avere altre importanti notizie per la nostra indagine. «Se mi avvertite prima, posso farvi trovare qualcosa da bere e da mangiare, come si fa con i pellegrini che vengono a visitare la chiesa.» «Lei è molto gentile, padre, torneremo a trovarla, anche solo per salutarla.» Il povero vecchietto si commosse alla mia promessa di rivederlo. Era tanto dolce e solo e queste inaspettate visite lo riempivano di gioia. Devo dire, in verità, che io e, in misura maggiore, anche il professore rimanemmo molto colpiti per il forte isolamento dal mondo esterno di quest’uomo, perso nei suoi ricordi e nelle sue antiche carte. Ci scoprimmo entrambi con gli occhi un po’ lucidi. Ritornando verso l’ufficio, parlammo dell’indizio che ci aveva fornito Querini e valutando fondata l’ipotesi del coinvolgimento dell’Alighieri, decidemmo di modificare l’itinerario e di continuare a elaborare le nostre idee sull’argomento a casa mia. Vista l’ora, sarebbe stato ancora meglio discuterne davanti a un piatto di cibo caldo. «Emma, sono io tesoro,» continuai con un tono gentile, chiedendole se avesse il tempo e la voglia, di preparare un piatto di pasta per me e il professore. «Se venite a pranzo adesso, posso provarci. Oggi, ho lezione molto presto. Non riuscirò, purtroppo, a stare in vostra compagnia, devo essere all’università per le 14:00, mi spiace.» «Va bene, lascia stare, cambio di programma. Andremo a mangiare una pizza veloce e poi verremo dopo a casa, per lavorare. Oggi non voglio andare in ufficio, preferisco parlare, a quattrocchi, con Samuele tra le mura domestiche, per questa volta almeno. Grazie ugualmente, ci vediamo stasera, ciao.» «Ciao, saluta Lombardi per me.»

Casa Ferrari
Ore 14:20 giovedì 29 maggio 2014

«Accomodati, prof, ci sistemiamo qui, in sala da pranzo, il tavolo è più spazioso della scrivania nel mio studio, qui stiamo più larghi, meglio così, no?» «Certamente, qui va benissimo.» «Solo un attimo, vado di là a prendere un po’ di fogli A4 dalla vaschetta della stampante, due penne e un pennarello, poi cominciamo ad analizzare, insieme, quello che abbiamo saputo questa mattina.» Accesi il mio tablet, quindi consegnai al mio amico il necessario per scrivere e un paio di fogli. Iniziai dicendo che poteva essere utile cominciare il nostro lavoro, elaborando un’ipotetica cronologia degli avvenimenti, che a tutt’oggi conosciamo e su cui potevamo riflettere e discutere. «Il nostro frate Navarro, se ho ben capito, riesce a impossessarsi del malefico manoscritto, in barba a qualcuno di molto importante, forse un papa. Così sembrerebbe dai fregi dorati indicati nella lettera che ci ha mostrato il Querini. Perché lo nascose nella chiesa di San Domenico?» Mi aspettavo una risposta che sapevo non essere suffragata da alcuna certezza. «Probabilmente avrà avuto paura che quel testo venisse divulgato. Forse provava grande vergogna per quello che c’era scritto e avrà pensato che il testo, contenuto in quel manoscritto, fosse troppo pericoloso per lasciarlo nel luogo dove si trovava, in origine. Queste sono le sole ipotesi che possiamo fare, non possedendo lo scritto e non potendo verificarne il contenuto.» «Venne rubato, insieme ad altri oggetti preziosi, guarda caso, da un ladro toscano, che potrebbe averlo portato a Firenze, per venderlo con il resto della refurtiva, depredata nella Cappella Canani. L’Alighieri a quel tempo era un personaggio molto influente. Un suo coinvolgimento in questi avvenimenti è molto probabile. Il condizionale è d’obbligo, non avendo la sicurezza che tutto ciò sia realmente accaduto, per sostenere che potrebbe essere entrato in possesso del manoscritto, in quella stessa occasione, anche se ancora non sappiamo come.» «Pietro d’Abano, nella sua lettera al Villanova, in pratica ci confermò che lo scritto in questione era, veramente, transitato nelle mani di Dante, che glielo consegnò personalmente. Scrisse di averlo letto e di quanto fosse rimasto turbato dal suo contenuto eretico. Alla morte del luminare padovano, sappiamo che era stato preso in custodia dal Villanova che lo salvò dalle grinfie della Chiesa, dando inizio a un passaggio di mano in mano, fino ad Alfonso II.» «I fatti sono questi, molto probabilmente è andata così, concordo assolutamente con questa tua cronologia degli avvenimenti,» dichiarai convinto. «Quindi stai dicendo che dobbiamo arrenderci? Il maleficarum adventus antichristi, come lo chiamò il Savonarola, è in qualche posto segreto del Vaticano e non sapremo mai cosa contenesse. Le misteriose Appendici di Dante, invece, erano state, sicuramente, in possesso di Nostradamus, ma poi, di queste, si sono perse le tracce da tempo, senza sapere dove potessero essere, introvabili, anch’esse!» Aggiunsi dispiaciuto. «Non siamo stati molto fortunati, fino a ora. La mia speranza è che, almeno, dai nomi nella lista dei perseguitati dall’Inquisizione, che i colleghi mi manderanno, sia possibile risalire all’identità della talpa.

Casa Ferrari
Ore 13:30 venerdì 30 maggio 2014
«Tanti auguri a te, tanti auguri a te…» Emma intonò così la banale, ma sempre verde, canzonetta dei compleanni, portando in tavola una golosa Saint Honoré. La torta preferita da mia figlia, fin da quando era piccola. «Non possiamo averti tutto il giorno con noi, quindi la torta la mangiamo oggi a pranzo, se non ti dispiace, bimba mia, anche se non vuoi che ti chiami più così.» «Grazie mamma, ancora per oggi te lo concedo, ma da domani… no.» «Sei maggiorenne, non ci posso credere, sono già passati 18 anni.» «Per cortesia, Emma, non cominciare con queste smancerie. È una donna ormai, come dice una famosa canzone, prendiamone atto e stop,» affermai, sicuro di arruffianarmi la figlia. «Grazie, finalmente qualcuno che ha capito!» Chiara rimarcò il mio pensiero, felice della mia replica alle parole di sua madre. Avevo ottenuto lo scopo, empatia incondizionata nei miei confronti. «Adesso possiamo mangiare la torta e brindare alla tua bella età. Fra poco, però, dobbiamo prepararci e andare. La navetta ci aspetta alle 15:30, dobbiamo essere puntuali.» «Vengo anch’io ad accompagnarla, mi manca già e non è ancora partita!» Concluse, senza possibilità di replica, mia moglie.

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Ascoltiamo e leggiamo insieme il 4°- 5°- 6° brano dal mio giallo "La nemesi dell'Aquila", ambientato nella splendida Ferrara.