Brano trentasei_ La nemesi dell'Aquila
Pensai che potesse essere un foro e che la sua funzione fosse filtrare luce dall’esterno. Iniziai a grattare via il tasso di polvere che ricopriva quell’ipotetico foro e dopo parecchi tentativi fatti con le dita, decisi di aiutarmi con un Victorino, il classico coltellino svizzero tuttofare, che per abitudine tenevo sempre con me, anche e soprattutto andando a pesca. Piano piano grattai via lo sporco e comparve l’agognato foro circolare. Poi, finalmente, risposi al professore, che continuava a chiedermi cosa stessi facendo: «Ho trovato una piccola finestra circolare che comunica con l’esterno. Secondo te, quale tipo di luce deve passare da lì? Quella del sole, della luna o quella delle stelle?» «Credo sia possibile con luna piena e nelle notti senza nubi e stellate, così come le ha sempre immaginate Dante, nella Divina Commedia,» rispose in modo romantico il professore. «Potrebbe sembrare una voluta coincidenza, ma questa è proprio una di quelle notti che hai descritto. Aspettiamo e vediamo se quello che hai detto accadrà.»
Zona Acquedotto di Ferrara Ore 10:00 martedì 03 giugno 2014
Tranquillo, con stampato in viso un sorriso ironico, Zocchi mi aspettava seduto sulla scalinata dell’acquedotto monumentale. «Benvenuto, vedo che anche a te non manca la puntualità. Mi piace questa dote,» mi apostrofò, quasi divertito. «Ho trovato quello che volevi, dov’è mia figlia?» «Hai portato il manoscritto originale, o cosa?» Rispose incuriosito. «Come ti ha già detto mia moglie, non è in mio possesso. È da secoli in mano alla Chiesa. Puoi dimenticare quei tanto desiderati, antichi fogli. Devi metterci una pietra sopra, definitivamente, non li avrai mai!» Lo dissi con enorme soddisfazione, lasciando che si accorgesse del mio stato d’animo. «Io posso offrirti una valida alternativa. Il testamento olografo lasciato da Dante nell’abbazia di Pomposa, una particolareggiata cronologia degli eventi che hanno portato il Sommo Poeta a possedere il manoscritto eretico e a utilizzarlo. «Contiene un elenco di tutti i personaggi coinvolti, ecclesiastici e no. Le loro malefatte, con data e autografo autentico del Dante e di un testimone autorevole, ivi presente, anche lui firmatario. Un documento credibile e scritto da una delle principali figure storiche italiane. La più affidabile delle firme, in un documento che, insieme con le sue stesse Appendici in tuo possesso, ti permetterà di realizzare, finalmente, il tuo sogno di esaltato, fanatico religioso.» «Adesso ripeto la domanda: dov’è mia figlia?» «Io te ne faccio un’altra: dove sarebbe questo famoso documento, di cui mi stai parlando? Lo voglio valutare bene, prima di ridarti Chiara,» replicò Zocchi indispettito. «Va bene, riesci a vedere laggiù, seduto, il professore? Ha l’ordine di dartelo solo quando lo chiamerò, per dirgli che mia figlia è al sicuro. «Conducimi da lei o falla venire da me e il testamento dell’Alighieri sarà tuo per sempre. Ovviamente, se tenterai di raggiungere Samuele prima della mia telefonata, se ne andrà.» La musica dei Queen, improvvisamente, ancora una volta, esigeva la mia attenzione e questa volta la stavo aspettando, come mai era successo prima. La voce dell’ispettore Severino Nardi mi sembrò più bella del solito, quando esclamò con entusiasmo: «Dottore, è finita, li abbiamo presi tutti. Chiara sta bene, l’abbiamo liberata, può procedere, arresti quel delinquente, manca solo lui all’appello.» «Ottimo, bel lavoro, fantastico, la segnalazione era esatta.» Il mio amico, al reparto informatico, aveva tenuto sotto controllo, da subito, il cellulare della Agostani, come da mia richiesta, e aveva registrato la telefonata tra Zocchi e lei, imparando nome e indirizzo del covo della Congrega. Un doveroso ringraziamento ad Angelo, di nome e di fatto, pensai. «Cosa stai facendo, non è il momento di ricevere telefonate, chi era?» Si insospettì il mio interlocutore. «Era qualcuno che, per tua sfortuna, finalmente, ha messo la parola fine a questa brutta storia. Qualcuno che ha liberato mia figlia e catturato tutti i tuoi complici. Qualcuno che mi ha consigliato, se mai ce ne fosse stato bisogno, di arrestarti. Quindi, ti prego, non opporre resistenza, non servirebbe, voltati e allunga le tue braccia dietro, per favore.» «La nemesi dell’Aquila, purtroppo, per te e i tuoi adepti, dovrà attendere, forse per sempre.» Provai piacere nel dirlo, spingendo il dito nella piaga, mentre gli serravo, con soddisfazione, le manette ai polsi. Incalzai, rivelandogli un’altra scomoda verità: «Purtroppo per te, non è vera nemmeno la storia del testamento di Dante. Non abbiamo trovato nulla nell’abbazia. La nostra ipotesi si è rivelata sbagliata, evidentemente. Forse il manoscritto dantesco, se è esistito, è andato perso nell’incendio, con il resto della famosa biblioteca benedettina del convento.» «Ok, genio, però io, se fossi in te, non sarei così contento. Potrebbe esserci una brutta sorpresa in arrivo, per te e la tua cara famigliola. Scommetto su una gran brutta telefonata, caro Ferrari,» minacciò, accompagnando le sue parole con una schizofrenica risatina. «A cosa stai alludendo? Sei solo uno sporco individuo! A chi ti stai riferendo, quando parli della mia famiglia? Parla, maledetto psicopatico, cosa ha partorito la tua mente malata?» «Aspetta e vedrai. Ciao, a presto, vicequestore dei miei stivali!» Concluse, ancora ridendo di me. I miei due agenti, che lo avevano preso in custodia, cominciarono a farlo muovere, per accompagnarlo in questura, quando il mio cellulare riprese a suonare. Era sempre Nardi che mi comunicava che, nell’appartamento della setta, non era riuscito a trovare le famose Appendici di Dante, che mia moglie sosteneva essere in possesso del Zocchi, già nel periodo in cui la Congrega si riuniva a Milano. «Un momento,» dissi, attirando, con un tono molto alto della mia voce, l’attenzione dei miei uomini, che si fermarono insieme al prigioniero. «Zocchi, prima di sbatterti in galera, volevo informarti che, durante la perquisizione in via Arianuova, i miei uomini non hanno trovato quei fogli scritti dall’Alighieri, che tu ben conosci e tieni nascosti chissà dove.Voglio sapere cosa ne hai fatto e dove sono finiti. Emma mi ha confermato di averli visti e letti. Un tuo aiuto nel ritrovarli sarebbe sicuramente ricompensato dal magistrato inquirente.» «I tuoi bravi agenti possono ribaltare tutto l’appartamento e anche tutta Ferrara, non li troveranno e certamente, non sarò io a dirti dove sono, credimi!» Sogghignando, fece un gesto di saluto, simile a quello militare, molto irritante, facendomi decisamente arrabbiare. «Portatelo via, è inutile perdere altro tempo con questo criminale!» Chiamai, subito, Emma, che stava aspettando la mia telefonata con molta apprensione. Volevo essere io il primo ad annunciare la liberazione di nostra figlia e l’arresto di Zocchi e dei suoi accoliti. Non riuscii a compiere quest’importante azione, perché il numero dell’ispettore Nardi mi comparve sul display del cellulare, con la sua relativa musica.
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