Brano ventidue_ La nemesi dell'Aquila
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TRATTO DAL LIBRO
"LA NEMESI DELL'AQUILA"
Uno scatto finale, sordo e forte, annunciò, senza ombra di dubbio, l’avvenuto sblocco completo del congegno. La spessa lastra di metallo, finalmente, si aprì verso di me. «Bravo, Ferrari!» Un’esclamazione soddisfatta accompagnò l’apertura del nascondiglio. Trattenni il respiro. Accesi la torcia. L’interno della cassaforte, se così la si poteva chiamare, era profondo e buio. Cominciai a ispezionare, con la luce della pila, ogni più piccolo spazio all’interno. Era, desolatamente, vuoto! Il mio stupore fu grande e la delusione enorme, ma la realtà era quella, davanti ai miei occhi, cruda e dura. «Nulla!» Sospirai. «Dobbiamo pensare… e adesso?» «C’è poco da pensare, Leone, è vuota e chissà da quanto. Alfonso II d’Este, dovendo perdere il Ducato in favore della Chiesa, potrebbe essersene liberato, consegnandolo a qualche personaggio importante giunto ospite a Ferrara. Oppure, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe essere stato costretto a consegnarlo al Vaticano stesso.» «Dovremmo controllare chi in quel periodo si trovava a corte, sperando di trovare anche qualche scritto che lo confermi.» «Va bene, questa ricerca la faremo sicuramente. Ora sono molto preoccupato. Quali saranno le reazioni della Congrega dell’Aquila? Sono sicuro che pensavano che avremmo scoperto il luogo segreto e che avremmo trovato il manoscritto eretico. Il loro scopo, dall’inizio di questa maledetta storia, era di usarci nelle ricerche del documento, per poi impossessarsene. «A questo punto della storia, la mia idea, caro Lombardi, è fargli credere che l’abbiamo trovato e che lo stiamo analizzando per scoprirne i segreti più nascosti. Quest’azione dovrebbe farli uscire allo scoperto, e soprattutto, dovremmo riuscire a individuare la nostra talpa.»
CAPITOLO SETTE
La Trappola
Ore 08:45 martedì 27 maggio 2014
Entrai in ufficio quasi di soppiatto, mi diressi verso la mia scrivania, senza salutare, come non avevo mai fatto. Accesi il portatile e cominciai a battere sui tasti, senza dire una sola parola. Avevo deciso di fingere una completa trasformazione personale, disinteressandosi completamente di tutto e di tutti, atta a stimolare, in chi mi osservava, una morbosa curiosità su cosa mi stesse succedendo. Infatti, di lì a poco, la prima vittima sacrificale si palesò, preoccupata. «Si sente bene, dottore, qualcosa non va?» Chiese Alessia. «No, tutto bene, stia tranquilla. Sono solo mentalmente impegnato per delle importanti novità, emerse ieri alle “Corti”. Sto scrivendo adesso il rapporto della giornata trascorsa a indagare con Lombardi, che poi le farò avere.» Non potevo fidarmi di nessuno, nemmeno delle persone a me più vicine. Far uscire dalla tana il delatore della Congrega era lo scopo principale di questa farsa, non premeditata. Consegnai il mio falso rapporto alla Marini, raccomandandole di farlo avere al Questore prima possibile. Le feci notare come avessi indicato il manoscritto come fondamentale per le indagini e che, il medesimo, si trovasse in mani sicure, al momento!
Ore 11:50 martedì 27 maggio 2014
La musica dei Queen, dal mio cellulare, ruppe improvvisamente il silenzio dell’ufficio dell’Anticrimine. Estrassi lo smartphone dalla tasca, con molta calma, lasciando che il suono del sax ripetesse le sue note ancora una volta. Risposi, volutamente a voce alta, come da accordi precedenti con il professore. «Lombardi, buongiorno, qualche nuovo indizio dalla lettura del manoscritto?» Alessia mi guardò molto sorpresa. Le appariva sicuramente strano che la telefonata fosse arrivata a me direttamente e non compiendo il normale iter abituale dell’ufficio: buongiorno le passo il dottore eccetera eccetera. «A parte questa farsa, che abbiamo messo in piedi e di cui sono, mio malgrado, tuo complice al cento per cento, volevo informarti di due cose. La prima è che, come avrai già notato, da adesso, fino alla fine di questa storia, se non ti dispiace, ti darò del tu!» Propose molto convinto, Samuele. «La seconda è decisamente più importante, perché ho trovato una lettera di Pietro d’Abano, filosofo, medico e astrologo italiano, insegnante di medicina, filosofia e astrologia all’Università di Parigi e grande amico di Marco Polo, che nel 1306 ricevette la cattedra dell’università di Padova. «Il nostro famoso luminare padovano, in questa lettera, indirizzata ad Arnaldo da Villanova, anch’esso medico, teologo e interessato all’astrologia, si dice turbato dalla lettura di un manoscritto che l’Alighieri gli avrebbe lasciato, per aver conoscenza, conforto e soluzioni.» «Bene, bravo prof!» Esclamai. La Marini trasalì al mio inaspettato grido di entusiasmo e pronunciò un preoccupato: «Dottore, cosa succede?» «Nulla, sono contento di come procedono le indagini, non si preoccupi!» «Non ti emozionare troppo, quando ti dirò che, forse, ho trovato anche una buona pista per il nascondiglio delle Appendici. Un amico mio, esperto come me di storia medioevale e rinascimentale, molto appassionato di Nostradamus, sostiene che, a seguito di alcune sue ricerche sulla sua vita e i suoi viaggi, ha soggiornato nella zona di Torino.
«Questo indizio non sarebbe così utile se non fosse per una lapide 50x40, che sembra fosse stata collocata sopra la porta in una villa, nella zona di Cascina Morozzo. Quella questa lastra di marmo recava incisa una dicitura di Nostradamus che riportava in lingua francese la conferma del suo alloggiarvi e dell’essere dove è il paradiso, l’inferno e il purgatorio. «L’analogia con il manoscritto di Dante, in possesso del profeta, balza subito agli occhi. La brutta notizia è che di questo marmo non vi è più notizia e la villa stessa si è trasformata, nel tempo, in mille altre costruzioni. Non mi meraviglierei se, dopo il 1556, anno in cui sembra venne incisa e posizionata la lapide, qualcuno della Congrega sia andato in quel luogo e abbia recuperato le Appendici. «Comunque, dobbiamo vederci presto, a quattrocchi. Ho parecchie cose da raccontarti. Le ricerche e l’Università mi porteranno via parecchio tempo, ma troverò il modo per incontrarci. Siamo sulla strada giusta e non dobbiamo perdere altro tempo,» disse convinto, concludendo il discorso. «Capisco, capisco perfettamente,» risposi, confermando il racconto e le osservazioni del Lombardi. «Dimmi tu quando e dove.» «Dunque, oggi è martedì... direi che giovedì 29, nel pomeriggio, è perfetto, poi ci mandiamo un messaggio per l’ora e il posto.» «Ok, ciao, a presto, Samuele.» «Quanta confidenza con il professor Lombardi, dottore, se mi concede l’osservazione,» disse sorridendo Alessia. «Sì, è vero, siamo entrati in sintonia e abbiamo deciso di cominciare a darci del tu, è più semplice, più immediato.» «Va bene, Alessia, adesso vado a casa, è quasi l’una e sento lo stomaco brontolare dalla fame, a domani, buona giornata.» Impugnai di nuovo il cellulare, ancora caldo dalla telefonata precedente e toccai con l’indice l’icona casa. Dopo qualche secondo, la voce di mia moglie chiese chi parlasse. «Tesoro, mi vuoi a casa a mangiare o devo andare al ristorante?» Lo dissi sperando in una risposta affermativa. «Qualcosa per te, ma poco, molto poco, è rimasto. La prossima volta, dimmelo prima che torni a casa, per favore!» Emma sembrava un po’ seccata. «Scusami, fra venti minuti sono a tavola, ciao.»
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