Brano otto_ La nemesi dell'Aquila

 


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TRATTO DAL LIBRO
 "LA NEMESI DELL'AQUILA"

Dai rilievi effettuati e dal referto legale, pare che, la data dell’avvenuta aggressione possa risalire a due o tre giorni prima del ritrovamento del cadavere. La vittima è stata torturata. «Confermata la morte per strangolamento con laccio (non ritrovato), avvenuta circa otto ore prima del rinvenimento. Mancanza totale di tracce su tutta la scena del crimine e di reperti o oggetti usati per il delitto. Fine del rapporto, in data 14 maggio 2014. Firmato: vicequestore aggiunto della Polizia di Stato, dottoressa Serena Agostani.» «Oggi come oggi, non si può più prescindere dall’indagine scientifica. In effetti, però, mancando i dati tecnici di confronto dell’omicidio del figlio della vittima, non siamo in grado, pur sospettandolo fortemente, di affermare che si tratti dello stesso assassino. Stiamo ancora analizzando le prove, ma sono sicuro di interpretare il pensiero di tutti noi, dichiarando che si sospetta una sola matrice, per entrambi i crimini,» informai, mentre aprivo la terza cartella, quella azzurra. «L’ispettrice Marini ha svolto una preziosa indagine, sul messaggio che avvertiva della morte violenta nel casale di via Selva. Ha scoperto che il linguaggio usato dal nostro killer è un mix tra il latino medioevale e il volgare. Una forma di latino usata nel medioevo come lingua per lo scambio culturale e come lingua liturgica della Chiesa cattolica, ma non si tratta di latino ecclesiastico. Veniva usata anche come lingua scientifica, letteraria e del diritto. Il periodo, durante il quale il latino medioevale si è differenziato dal latino volgare, è il 1500, molti studiosi anticipano questa data indicativa anche di un secolo. Era caratterizzato da un ampio vocabolario, formatosi dalla confluenza, nel latino, di parole provenienti da altre lingue, come la Vulgata che ha una stretta correlazione con il greco e l’ebraico. «Questo lessico modificava non solo il vocabolario, ma anche la grammatica e la sintassi. Inoltre, tutti gli indizi convergono su un preciso periodo storico, che possiamo indicare compreso tra il XV e il XVI secolo. Nel casale il mobilio e molti accessori sono di quel periodo. Sappiamo dalla signora Borghi, che ho personalmente interrogato, che Camponeschi si vantava di avere antenati antichissimi e di discendere da una nobile famiglia, da cui sembra abbia ereditato anche il casale e gli arredi. «Nella cantina della casa abbiamo trovato bottiglie di vino, che ho scoperto essere anch’esse del 1500. Mia moglie Emma, che insegna anche Storia del Rinascimento, ieri sera mi ha fornito utili informazioni sul Papa, il cui nome è presente sulle etichette degli antichi vetri in questione. Il vino presente all’interno viene da un famoso vitigno dell’appennino abruzzese. Il “Gaglioppo” è un antico nettare, coltivato per scopi religiosi, dalle suore di un monastero, nella zona di Teramo. Paolo IV, il papa in questione, il cui nome civile era Gian Piero Carafa, pare ricevesse il vino direttamente dalle monache suddette. «È stato uno dei principali e più accaniti inquisitori degli ebrei romani e non e nel 1542 riuscì a ottenere da Paolo III l’istituzione della Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione. Forse la più importante della storia della Chiesa. Tutto questo preambolo, per arrivare a darvi l’informazione più importante per l’indagine: Camponeschi era il cognome della madre di Paolo IV e la donna nacque proprio in Abruzzo vicino al monastero.» Un breve mormorio si alzò tra i presenti, a cui fece eco il commento generoso della Marini: «Questo è molto interessante, dottor Ferrari!» «Grazie ispettore, ma il merito va a mia moglie e alla sua conoscenza della storia rinascimentale.» «Abbiamo anche un probabile avvistamento del sospettato del primo delitto. La vicina avrebbe visto un uomo, vestito da postino, introdursi con uno scooter giallo all’interno della proprietà della vittima. Ho incaricato Alessia di visionare, insieme a Nardi, i video del traffico per individuarlo e sempre ieri ho chiesto ai carabinieri di Cona di inviarmi i filmati all’ingresso della caserma, ritenendo possibile che il postino, o presunto tale, visto dalla vicina, possa aver anche consegnato personalmente la lettera ai militari. «Concludendo, anche se per il momento abbiamo solo verificato le dinamiche del primo, entrambi gli omicidi sembrano seguire un iter analogo, riconducibile alle pratiche brutali, alle torture e alle uccisioni del periodo inquisitorio. «Il padre torturato, bollito con l’olio e quindi strangolato e il figlio impalato in un hotel del centro, sembrano confermare questa ipotesi. In conclusione, un pericoloso assassino psicopatico, o forse due, come riterrei probabile nel secondo caso. La difficoltà di erigere un uomo del peso di Carlo e infilarlo nelle due lance laterali la spalliera del letto, presuppone l’azione congiunta e coordinata di almeno due individui. Questo o questi criminali si stanno muovendo e uccidendo liberamente in città, indisturbati. Hanno colpito, almeno fino a ora, in particolar modo, solo la famiglia della prima vittima.» L’ingegner Guzzini intervenne a questo punto, evidenziando l’importanza del controllo dei dati appena da me rivelati e la necessità di determinare l’esatta genia della famiglia papale.

Ufficio Squadra Anticrimine (Fe)

Ore 08:30 venerdì 16 maggio 2014



«Dottore, è fatta, è nostro, finalmente, abbiamo nome cognome e indirizzo!» Ero appena entrato in ufficio quando la Marini mi aggredì verbalmente con la buona notizia: «L’ufficio postale di Cona, ieri, ci aveva fatto pervenire la lista dei portalettere, con le rispettive zone di consegna nei giorni richiesti e con quella, incrociando i dati, abbiamo trovato una sicura corrispondenza con un dipendente, come lei dottore aveva ipotizzato. Effettua, abitualmente, il suo giro di consegne nella zona di Cona e Quartesana. Alle 10:03 del mattino di sabato 10 maggio, le telecamere lo inquadrano, davanti alla caserma, mentre imbucava, nell’apposita cassetta della posta, al cancello d’ingresso della stazione, una lettera, che non risulta essere in nessun elenco di consegna. La telecamera, poi, continua a riprenderlo mentre riparte in sella a uno scooter giallo, come segnalato dalla signora Bolchi. È stato anche confermato dall’ufficio postale che il giorno prima, venerdì 9 maggio, non era in programma nessun passaggio e nessuna consegna all’indirizzo di via Selva a Quartesana. Corrisponde tutto: lettera ai carabinieri, scooter giallo, divisa da postino. Fortunatamente, si vede benissimo il volto. Siamo potuti risalire così all’identità del sospetto. Si chiama Alberto Maggi, abita a Cona in via Umberto Sisti al n. 15. È assunto da cinque anni alle poste e anche per questo abbiamo potuto verificare, senza ombra di dubbio, la sua identità.» Concluse Alessia. «Bel lavoro, tutti e due, grazie! Nardi, raduni subito la squadra. Marini, chieda il mandato al giudice Farnesi, appena arriva io e l’ispettore partiamo subito per Cona.» L’attesa non fu lunghissima, ma come sempre, la burocrazia fa perdere tempo prezioso, un tempo che non avevamo a disposizione. Era necessario velocizzare l’arresto di questo losco individuo, prima che i suoi complici, e magari lui stesso, commettessero altri omicidi! Non appena il mandato fu in nostro possesso salimmo velocemente sulle due auto di servizio. Purtroppo, era già trascorsa un’ora e mezza prima di avere avuto l’autorizzazione alla perquisizione e all’arresto del nostro sospettato. Il nome Maggi Alberto, scritto a mano, sul campanello indicava che l’indirizzo era quello giusto. Provai, senza nutrire molte speranze, a suonare più volte. Non rispose nessuno, come del resto si poteva prevedere. Avevamo già stabilito, con la mia squadra, il da farsi. 



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