Respirare la storia della tua città, camminandoci attraverso!

 




Sensazioni da provare, racconta...se questo è accaduto anche a te.


Brano tratto da: “La nemesi dell’Aquila” primo libro della trilogia:

“Ferrara e l’abisso della colpa”


Via Beatrice II d’Este, centro di Ferrara (Italia) Ore 23:30 domenica 18 maggio 2014

«Vieni, Toby, non ti chiamo più…su dai, non farmelo ripetere…corri dalla mamma, bel cagnolino. Ecco bravo, ora ti aggancio il tuo collare e facciamo due passi insieme, in questa splendida serata.» Le stesse parole, gli stessi complimenti, lo stesso percorso da cinque anni. Ogni sera, quasi allo stesso orario, appena conclusi i programmi televisivi preferiti, con qualsiasi tempo, l’immancabile passeggiata con il piccolo amico, fino al convento delle Benedettine, in via Gambone. La signora Lidia era metodica, precisa, gentile. Viveva sola, con il suo Toby, non si era mai sposata. Quando era più giovane non aveva trovato il suo principe azzurro e ora era pigra, troppo pigra per cercarlo. Dalla nascita, nel 1960, risiedeva nella splendida casa, da sempre di proprietà della sua famiglia, in via Beatrice II d’Este. Una storica antica casa, abitata dagli Augeri dai primi del 1500. Il padre di Lidia, ingegnere, aveva trascorso i suoi ultimi anni in un letto, all’ospedale di Padova. Affetto da una grave forma di diabete, alla fine della lunga malattia se n’era andato, lasciando in eredità, alla sua unica figlia, l’ingente patrimonio monetario e la splendida magione con giardino interno secolare, in pieno centro a Ferrara. Della bella e giovane madre di Lidia e della sua scomparsa, avvenuta ormai quarant’anni fa, in città, si era fatto un gran parlare, condito con le più incredibili illazioni. Qualcuno sosteneva fosse scappata con un bel capitano dei carabinieri, che frequentava la casa Augeri, in quel periodo. A sostegno di questa teoria, il fatto che, nello stesso periodo, il militare fosse stato trasferito, chissà dove, in una sperduta città del Sud. L’altra teoria più diffusa, mai suffragata da prove, era quella che sosteneva l’uccisione della moglie, per gelosia, dall’ingegnere stesso che l’avrebbe sorpresa con uno dei suoi tanti, presunti amanti. A metà degli anni Settanta, i giornali della città e anche quelli nazionali si gonfiarono di queste tendenziose notizie di cronaca rosa e forse nera. Alla fine, le indagini, promosse da tutto questo gran parlare, risultarono inconcludenti e non portarono a nessuna soluzione. La signora Augeri non fu mai più ritrovata e pian piano la storia divenne priva d’interesse per i media, fino a spegnersi definitivamente. Lidia aveva solo quattordici anni quando accadeva tutto questo. Non avrebbe mai potuto dimenticare il volto della madre e i terribili sospetti che l’avevano accompagnata per tutta l’infanzia. La morte del padre l’aveva toccata marginalmente. Forse era stata più una liberazione, come se la malattia, che aveva colpito duramente il genitore, fosse stata una giusta punizione divina. I soliti pensieri, durante la solita rilassante passeggiata serale. Percorreva, come sempre, facendosi trascinare dai ricordi e dal suo unico amore, il piccolo e noioso Toby, lo stretto marciapiede, che separa la strada ciottolata dal muro esterno delle antiche case di via Beatrice, fino all’angolo con la via del monastero.




Quindi, come al solito, lasciava lo stretto camminamento in cemento, voltava a sinistra lungo il muro e iniziava a camminare sulle vecchie pietre che ancora oggi lastricano la via. Aveva sempre provato un piccolo, ma significante piacere, nel poter calpestare quei ciottoli secolari che avevano una storia così importante. Quasi come fosse un gioco, a volte, quando era un po’ più giovane, si era divertita a saltellare tra un sasso e l’altro, fino a raggiungere il convento, immaginando quali storici personaggi vi avessero passeggiato sopra per secoli e secoli. Da Leonardo da Vinci a Nicolò Copernico, da Nostradamus a Lucrezia Borgia, da Torquato Tasso a Savonarola. Eccellenze ecclesiastiche, Papi, Galileo Galilei. Regnanti ed artisti, poeti, architetti famosi e forse, anche, il sommo poeta Dante.


Intanto, il cagnolino si era posizionato per le sue necessità fisiologiche, vicino alla ruota di un’auto all’inizio della stradina, che non avrebbe dovuto essere parcheggiata lì. Faceva leggermente caldo e il profumo dei fiori nei giardini interni riempiva l’aria. Tutte le finestre erano buie tranne una, da cui traspariva la luce azzurrognola di un televisore o di un computer acceso. Arrivata all’arco in pietra, sormontato da una croce in ferro battuto, si rese improvvisamente conto che i suoi passi sul selciato non erano l’unico rumore che riempiva la notte. Sentì distintamente, davanti a lei, il debole suono sordo di un ciottolo calpestato e spostato, il rumore che fa quando viene rimosso dalla sua sede naturale. Sembrava provenire dall’angolo cieco, formato dalle colonne dell’ingresso ad arco e il muretto del Monastero S. Antonio in Polesine, lì adiacente, in via Gambone. Qualcuno avrebbe potuto nascondersi nell’ombra e quel piccolo rumore, forse, l’aveva tradito. Lidia aspirò profondamente, il cuore le batteva forte, la paura di un’aggressione si faceva strada nella sua mente. Avrebbe voluto gridare: “Chi è là...aiuto, cosa volete?”, ma quelle poche parole s’impastavano con la forte salivazione, arricchita dalla tensione e dalla paura. Anche il piccolo cane cominciò a guaire nervosamente, verso il punto nel buio che Lidia continuava a fissare. Il panico prese il sopravvento, quando una lunga e grande ombra si stagliò sulla strada e subito dopo, da quell’angolo nascosto, si materializzò un’oscura figura, che ormai completamente visibile, attaccò velocemente e silenziosamente la donna impietrita dal terrore. Il misterioso aggressore si portò rapidamente alle sue spalle e le avvolse il collo con un laccio di pelle e cominciò a soffocarla. Non fece nessuna resistenza, la morte sopraggiunse lenta e silenziosa. La cosa che fissò nella mente, prima dell’ultimo respiro, fu la figura del santo, incavato sopra l’arco di pietra dell’antico ingresso al convento benedettino.




Commenti

Post popolari in questo blog

Ascoltiamo e leggiamo insieme il 4°- 5°- 6° brano dal mio giallo "La nemesi dell'Aquila", ambientato nella splendida Ferrara.